Questo è un articolo della serie “Think globally, act locally”. Sì, insomma, quella cosa che c’è un argomento, un tema dalle tue parti con il quale confrontarsi, ma che non si esaurisce al quartierino o alle chiacchiere da bar. Fino ad ampliare il discorso in un’attitudine – appunto – “globale”.
Dunque, capita (per fortuna) che l’8 dicembre del 2009 viene inaugurato nella città campo-base di Borracce di poesia (Pescara) il cosiddetto Ponte del Mare. Una splendida struttura unicamente ciclopedonale che unisce le sponde del fiume, innalzandosi sopra i “trabocchi” (i vecchi capanni dei pescatori) dalla quale, come si suol dire, la vista spazia sulla spiaggia, sul mare, fino alla Majella, la montagna madre degli abruzzesi e alla Bella Addormentata, disegnata dal profilo del Gran Sasso. Con la città sotto.
Ecco, dire “unicamente” ciclopedonale è ridondante. Basterebbe solo: ciclopedonale. Solo che prima, durante la costruzione e anche dopo, non pochi sono stati i commenti negativi. Pendenza eccessiva (ripidino lo è, ma si fa); costo esorbitante (sui 7 milioni euro, coperti quasi interamente da imprenditori locali). Ma soprattutto: “A che serve se non ci passano le macchine”?.
Nel tempo il Ponte diventa simbolo anche grafico della città, riprodotto dappertutto e usato come immagine per promuovere pure cose che con la mobilità non c’entrano nulla. Ma se te lo trovi disegnato addirittura sulle tazzine di qualche bar nel “servizio nuovo” vorrà dire che almeno l’immaginario collettivo l’ha colpito. Poi, il 22 maggio scorso, a colpirlo è stata invece la gru di una draga (la “Cobra”) impegnata nei lavori di pulitura del fiume. Una bella botta. Che ne determina la chiusura forzata. Ecco, oggi è stato riaperto, con una spesa per le riparazioni di 29 mila euro. Rapidamente, ottimo, con qualche giorno di anticipo rispetto ai tempi previsti.
Prima che il Ponte comparisse, c’erano ovviamente gli altri, più o meno agevoli per le bici, nel traffico. Per quanto con accesso interdetto alle biciclette, poi, c’era anche il raccordo del cosiddetto Asse Attrezzato, quello che insomma porta alle autostrade. Si usava comunemente. In questi giorni di chiusura forzata ci sono ripassato, avevo dimenticato che bruttezza è – e quanto sia pericoloso – muoversi fra macchine e mezzi pesanti. Qualche pedone e ciclista ha anche “forzato” le transenne che chiudevano l’accesso al Ponte, ora tolte. Ecco, una gran voglia di godere di quell’oasi libera dalle quattro ruote. Forse non sempre con una consapevolezza profonda da Mobilità nuova, con un desiderio più dettato da una cosa “diversa” in città, ma tant’è (se poi i pedoni evitassero di passare nella parte ciclabile e viceversa, sarebbe meglio).
Poi capita che viene migliorata la viabilità sul lato sud del Ponte, con un tratto di raccordo ciclabile alla pista già esistente; che sono in dirittura d’arrivo i lavori della riviera sud, che hanno dimezzato la carreggiata larghissima regalando a pedoni e ciclisti un nuovo spazio lato mare, con tanto di Zona 30. Sul lato nord del Ponte c’è già qualcosa di pseudo-ciclabile da migliorare, ma che comunque si raccorda con la pista già esistente e con il nuovo pezzo già pronto. Insomma, in piccolo ma nemmeno tanto, un sistema ciclopedonale con il Ponte al centro, con le sue diramazioni.
Ecco, il “globally”. Nella Rete ciclabile nazionale di Biciatlia c’è la Ciclovia Adriatica che collega Ravenna con Santa Maria di Leuca. Avere il Ponte del Mare di nuovo agibile vuol dire non solo uno sfogo cittadino, un bel tratto dove correre, camminare, pedalare, scattare una bella foto. E’ economia, turismo, marketing-territoriale.
Detto a chi pensa ancora che sia inutile “perchè non ci passano le macchine”. A chi sarà tanto intelligente da cogliere questa occasione. Affinchè il Ponte del Mare non sia solo un bel soprammobile in una casa con le finestre rotte.