È bene sapere la meccanica per non trovarsi di colpo appiedati non servono benza e una tanica ma pochi gesti precisi e ragionati
Vento allarga i lembi della giacca ultrasuoni copiati al pipistrello e quando dopo cala sul più bello mi godo il calmo di bandiera fiacca
Vorrei che all’uscita delle scuole l’attesa non fosse a suon di clacson ma ad aspettare solo bici e suole intonate a vibra di diapason
Se una rondine non fa primavera come glorioso anticipo d’estate bici affilate nella rastrelliera sanno di sabbia e patine salate
Spinge il raccattatore di cartoni il carretto sugli sgonfi copertoni volteggia nella maglietta sudata sulla bici quasi fosse alata
Aspettando il sole come pesco sgranchisco piano i rami gelati speranzoso mi affaccio ed esco glissando code di vetri appannati
Muflone della domenica mattina oltre l’idea della pedalatina un solo rapido accenno col mento lo scatto esplode l’andamento lento
Scolorite le scritte sull’asfalto finiti scatti e borracce passate indurite le vene di basalto secco sudore di gambe drogate
Spacchetti fra le righe delle nocche sul manubrio freddo stretto a flipper raccontano d’inverni filastrocche con il sorriso fisso dello skipper
Le sacche di sangue alle frontiere del ciclismo attestano la morte: chi non pedala più e si fa le pere dai gendarmi segnato in triste sorte
Nella costellazione della fissa senza sosta ruotano i pianeti quando l’incrocio in curva larga glissa tra sguardi strani come fosse yeti
D’inverno è un’arte sopraffina: quando le guance quasi più non sento trapassando umida nebbiolina nel bavero crespo insacco il mento